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Una delle cose che amo quando sono in campeggio è la pioggia.
No, non fraintendetemi non voglio la pioggia ad ogni costo, ma se capita, è bello.
Come se nella frenesia del sole, della spiaggia, dei bagni in mare, delle sere passate a chiacchierare e a leggere, della voglia di muoversi, ci mettessi un punto.
Il segreto sta tutto lì, in quel punto che ti concedi, grazie alla pioggia.
Che ti rinfresca, ti calma, ti rallenta. Soprattutto ti ferma e ti permette di riposarti.
La pelle respira, la colazione è ancora più tranquilla del solito, sistemiamo la nostra casa su ruote perché nulla si bagni e per stare comodi.
E ci fermiamo.
Tutto in noi si distende: la mente, i muscoli, il cuore.
Come stare lì e sentire che tutto si sta rilassando e sta assorbendo energia.
Mi sento in ricarica, una banca dove depositare la ricchezza e le risorse che mi serviranno per il futuro.
Questo succede proprio perché, distratta dal leggero suono della pioggia sulla tenda, non penso. Perché non ho nulla da fare dopo, anzi perché non decido cosa fare dopo.
Lascio scorrere tutto, fuori e dentro di me.
Il riposo è sottovalutato, un lusso che non ci concediamo, ma in realtà è la base del nostro benessere, è la radice della nostra forza.
Non solo per le ore che seguono, ma per le stagioni che verranno.
La millenaria saggezza della medicina cinese definisce questo passaggio come “nutrire lo yin”.
Ma facciamo un passo indietro e definiamo lo yin.
Per la medicina cinese lo yin, insieme allo yang con cui si contrappone e si completa, sono energie primordiali, le forze basilari e universali, che si dispiegano in tutti gli ambiti della vita universale.
Se lo yang identifica la luce, il sole, il movimento, il calore, lo yin è l’ombra, il buio, la notte e l’oscurità.
Il sole è yang, la luna è yin.
Il principio maschile è yang, quello femminile è yin.
Essere attivi, dinamici, in movimento, vivere il giorno sono yang.
L’essere passivi, la staticità, il riposo e il sonno sono yin.
Non sono due forze in competizione, ma sono complementari e opposte, si rincorrono, sfumando lentamente l’una nell’altra, proprio come se volessero legarsi tra loro, ma sempre sfuggendo, ma sempre prendendosi.
In fondo in ogni yin è nascosto un po’ di yang e viceversa. Il loro giusto equilibrio rappresenta l’armonia, il giusto fluire, e se riferito alla persona, il benessere.
Nutrire lo yin è quindi prestare attenzione e prendersi cura di quella capacità del nostro essere di interiorizzare, rallentare e rigenerarsi.
Per nutrire questa nostra parte possiamo chiedere aiuto all’alimentazione, ma a volte serve qualcosa di più.
E quel qualcosa di più è proprio quella sensazione di pace e tranquillità, di rallentamento sereno e libero di una giornata di pioggia in vacanza.
Quando ci prendiamo cura di noi, quando non ci mettiamo step da affrontare, quando ci lasciamo andare dimenticandoci del resto, che sia lavoro, impegni, famiglia, pensieri.
E fare qualcosa di estremamente lento, poco stimolante, leggero.
Non è guardare la televisione, stare ore a disperdersi in internet o semplicemente leggere. La mente deve essere libera di andare dove va, come si fa quando facciamo meditazione, è la sottile arte dell’ozio, misurato, attento, curato.
Lentamente riformiamo le risorse, ripariamo ciò che la vita quotidiana e lo stress hanno danneggiato, creiamo il deposito di energia per affrontare ciò che la vita ci porta.
Ci prendiamo cura di noi, ci concediamo il tempo per la distensione.
Una delle cose che amo fare quando sono in campeggio è dondolare sull’amaca osservando la danza delle foglie degli alberi nel vento.
Oppure è lavorare a maglia, pensando solo al punto successivo, lasciando correre la mente e osservando dove si va a posare. Un po’ come fanno le farfalle quando cercano i fiori.
A volte si sbagliano e tentano, basite e stranite, di trovare nutrimento da un foulard colorato lasciato lì per caso. Ma quando trovano il fiore giusto, allora si che va tutto bene.
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